© Arcidiocesi di Milano –
Foto Domenico Ventura
PALAZZO ARCIVESCOVILE
Non solo un palazzo
Quello che oggi conosciamo come l’Arcivescovado, nel Trecento era più che un semplice singolo palazzo: era la porzione orientale di una reggia tentacolare, collegata da strutture e passaggi aerei. Una vera e propria città signorile. Una sorta di ecosistema architettonico. Un’unica enorme residenza che finiva per occupare quasi un sesto della città di Milano, allora tra le più grandi d’Europa. Signori assoluti di questa enorme fabbrica: i Visconti.
L’attuale Arcivescovado di Milano si presenta ora come un palazzo compatto incluso tra il fianco meridionale del Duomo, piazza Fontana e
due strette strade del vecchio centro storico: via di Palazzo Reale e via delle Ore. L’evoluzione di questo edificio si legge ancora parzialmente osservando le varie facciate. Tra la fine del XIX e i primi anni del XX secolo le fronti, rese quasi regolari dagli interventi barocchi e neoclassici allora rimossi, riapparvero nella loro complessità sotto gli intonaci delineando le fasi costruttive della fabbrica.
Specie osservando la fronte settentrionale affacciata verso la zona absidale del Duomo, anche un semplice turista può intuire l’esistenza di varie fasi costruttive.
Da sinistra a destra si delinea un primo blocco dovuto al rifacimento rinascimentale, al quale segue la porzione di fabbrica più antica probabilmente duecentesca e un tempo sovrastata da una torre; a questo edificio si allaccia verso ovest una lunga e quasi uniforme fronte con una teoria di finestre bifore trecentesche. Questa successione ancora leggibile rispecchia la storia del complesso.
Il nucleo centrale con le quattro grandi finestre arcuate a tutto sesto corrisponde verosimilmente all’antico arcivescovado turrito del XIII secolo abitato probabilmente già da Ottone Visconti. L’ala più a ovest con le bifore è invece il grande salone con anticamera commissionato da Giovanni Visconti probabilmente nel quarto decennio del Trecento.
Questo corpo di fabbrica chiudeva in perfetto quadrato la grande dimora voluta dall’arcivescovo e signore di Milano. La residenza è ricordata come estremamente sontuosa, ma non si trattava che di un’appendice di un complesso enorme.
La grande corte quadrata dell’arcivescovado era la residenza ufficiale di Giovanni che si coordinava con gli altri palazzi viscontei.
Sul fronte del palazzo su via di Palazzo Reale si nota ancora tra due bifore il punto in cui si innestava nella facciata un pontile che collegava per via aerea l’arcivescovado con la Corte dell’Arengo, ovvero il palazzo di Azzone Visconti, ora Palazzo Reale. Anche questo edificio verso l’attuale via Rastrelli era collegato da altri ponti coperti aerei che univano senza scendere in strada il palazzo con le abitazioni dei Visconti di Jerago e di Albizzate raggiungendo infine la residenza, turrita come un castello, di Luchino Visconti.
Attorno a quest’ultimo palazzo Bernabò Visconti aveva costruito un enorme complesso con cortili porticati sotto i quali si poteva torneare,
inglobando anche la chiesa di San Giovanni in Conca. Dalla dimora di Bernabò altre strutture aeree collegavano lungo tutto il corso di Porta Romana le case di figli e amanti del Visconti raggiungendo presso l’attuale Università Statale la dimora estiva del signore di Milano.
Tutti questi edifici erano riccamente dipinti internamente ed esternamente.
Soprattutto costituivano di fatto un’unica enorme residenza che finiva per occupare quasi un sesto della città di Milano, allora tra le più grandi d’Europa. Ancora verso la metà del XV secolo, l’articolazione e la sontuosità del complesso facevano paragonare tutta questa vasta struttura agli antichi palazzi imperiali romani.