PALAZZO ARCIVESCOVILE

Primi risultati inediti

I dipinti nascosti

di Damiano Spinelli

I dipinti murali della grande sala all’interno del palazzo dell’arcivescovo Giovanni Visconti sono come tessere di un intricato puzzle. Indizio dopo indizio… si alza il sipario sul quadro d’insieme. Un lavoro minuzioso di recupero e interpretazione, che parte da lontano. Ogni tassello è una sorpresa che accende curiosità ed entusiasmo. Le tracce portano a una grande narrazione: il mito della fondazione di Roma.

Nel 2011, all’interno del Palazzo arcivescovile di Milano, un’infiltrazione d’acqua generata dall’ostruzione di un canale di gronda provocò
una scoperta inaspettata.

L’acqua piovana, facendosi strada attraverso la parete, rigonfiando e sciogliendo l’intonaco, rivelò agli occhi stupefatti dei presenti un volto.
Venne chiamato immediatamente lo Studio di Restauro Luigi Parma per liberare ciò che rimaneva del dipinto. Pian piano emerse il resto della
figura. Si trattava di una donna dal capo velato, che portava un vassoio con una brocca, alle sue spalle un ampio camino dipinto.
Era un rinvenimento importantissimo. La scena apparteneva sicuramente alla perduta decorazione del palazzo di Giovanni Visconti, arcivescovo e signore di Milano, di cui si conoscevano alcuni lacerti ma della quale si pensava non fosse rimasta altra traccia.

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Le prime testimonianze erano state rinvenute alla fine dell’Ottocento.

I lavori di ristrutturazione e consolidamento delle falde di copertura dei tetti avevano portato alla scoperta di alcuni dipinti, rimasti nascosti per secoli nei polverosi solai, tra le originarie strutture lignee trecentesche e le volte costruite in epoca borromaica.

Erano comparse due scene di corte che trattavano il tema del giudizio: una donna con in braccio due neonati stava di fronte a un giudice canuto, affiancato da alcuni astanti; sulla parete opposta, invece, un re assiso su un trono, all’interno di una stanza voltata a botte, circondato dalla sua corte, accoglieva un uomo inginocchiato. Un altro frammento rappresentava invece due soldati che portavano in braccio un altro bimbo in fasce all’interno di un bosco.

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Questi dipinti suscitarono grandissimo interesse.

Lo studioso Pietro Toesca, che da subito ne colse la grandezza, riconoscendovi le vestigia delle antiche decorazioni volute da Giovanni, fu
il primo a renderli noti, attribuendoli a un seguace di Giotto “interamente educato all’arte fiorentina”.

Agli inizi degli anni Sessanta del secolo scorso, in una saletta attigua, vennero ritrovati altri frammenti d’affreschi, raffiguranti alcune teste e pregiati motivi decorativi vegetali. Si susseguirono studi e ipotesi di ricostruzione del ciclo. I frammenti erano però molto lacunosi e di difficile interpretazione per poter giungere a una definizione sicura dei soggetti rappresentati. Nel 2011 questa inaspettata scoperta riaccese l’interesse degli studiosi sull’argomento. Un nuovo tassello si era aggiunto al puzzle.

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Contemporaneamente nacque la speranza di portare alla luce altri frammenti del ciclo.

Col tempo emersero le scene dell’assedio, nascoste dietro ad antichi armadi e spessi strati di calce. Da un lungo lavoro di descialbo (condotto dallo Studio Parma nel 2016) vennero alla luce le greggi di pecore di una scena pastorale che affiancava l’arco di accesso alla sala.

Oggi, grazie agli studi di Serena Romano e alle nuove scoperte dei ricercatori del progetto Mobartech è possibile ricostruire, almeno ipoteticamente, quella che doveva essere la grande Sala delle Udienze di Giovanni Visconti. Affacciata sul fronte verso il Duomo, doveva occupare quasi per intero la nuova ala del palazzo, realizzata dall’arcivescovo intorno agli anni Trenta del XIV secolo. Uno spazio rettangolare di dimensioni colossali, più di 40 metri di lunghezza per circa 10 di altezza, coperto da un soffitto a cassettoni sorretto da massicce travi lignee, con mensole decorate a gola rovescia. Due grandi archi affiancati, profondamente strombati e riccamente coloriti, davano accesso alla sala.

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Le pareti dovevano essere completamente ricoperte di pitture, suddivise su due registri.

Alcune scene erano racchiuse da semplici riquadrature bianche, altre invece da complesse architetture dipinte a pilastrini ottagonali. Tra le varie scene figurate si aprivano ampie finestre dipinte ad archetti trilobati terminanti con piccoli fiori marmorei che creavano un interessante gioco di rimandi con le finestre reali della sala. Nella parte bassa vi doveva essere infine uno zoccolo dipinto con finte incrostazioni marmoree.

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Per quanto riguarda invece i temi rappresentati, sulla base del confronto con altri esempi pittorici coevi e successivi e dell’accurata interpretazione dei frammenti emersi, è stato proposto dalla professoressa Romano che i dipinti illustrassero il mito della fondazione di Roma, con la nascita di Romolo e Remo, il giudizio di Rea Silvia, la vicenda dei gemelli “allevati” dalla lupa fino alla riconquista di Alba Longa (che secondo la tradizione dette i natali alla stirpe di Roma).

Si tratterebbe di un tema assolutamente innovativo e inaspettato per le corti italiane della prima metà del Trecento, che sottintende la conoscenza di testi antichi che cominciavano a riaffiorare proprio in quegli anni. Una forte e coltissima affermazione di potere e di legittimazione da parte dei Visconti.

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Bibliografia

S. Romano, Il palazzo di Giovanni Visconti, in Miscellanea Graecolatina, IV, a cura di F. Gallo e S. Costa, Bulzoni Editore, Roma 2017, pp. 71-101.

S. Romano, La grande sala dipinta di Giovanni Visconti. Novità e riflessioni sul palazzo Arcivescovile di Milano, in Modernamente antichi. Modelli, identità, tradizione nella lombardia del Tre e Quattrocento, a cura di P. N. Pagliara e S. Romano, Viella, Roma 2014, pp. 123-124.

M. Carminati, La quadreria. Profilo storico della quadreria arcivescovile, in Domus Ambrosii. Il complesso monumentale dell’Arcivescovado, a cura di A.
Buratti Mazzotta, Silvana, Milano 1994, p. 148.

P. Toesca, La pittura e la miniatura nella Lombardia. Dai più antichi monumenti alla metà del Quattrocento, Einaudi, Torino 1987, p. 101.

 
 
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